Il disegno è per un bambino un’espressione immediata, spontanea ed istintiva di se stesso: attraverso il quale parla di sé e comunica qualcosa al mondo esterno. L’evoluzione dalla traccia lasciata per caso, al primo omino rappresentato, fino al disegno completo della figura umana, è la manifestazione della crescita del bambino, di tutte le sue scoperte, delle esperienze vissute, delle emozioni provate, della conoscenza del proprio corpo e dell’immagine che ha di sé.
Inizialmente il bambino lascia una traccia, un’azione che permette di affermare se stesso, modificando così la realtà. Se ci pensate, è facile dedurre che le prime tracce di un bebè sono fatte con la saliva sugli oggetti portati alla bocca. Già nel primo anno di vita il piccolo fa esperienza che alcuni oggetti spinti lontano, tirati a sé, trascinati o lanciati lasciano dei segni. Sono esperienze casuali e molto piacevoli per il piccolo.
Dopo tante esperienze che hanno coinvolto tutti i sensi, un giorno il nostro bambino si accorge che il suo movimento può creare una traccia grafica. Ecco che compie movimenti globali coinvolgendo tutto il corpo e utilizzando diversi strumenti, non necessariamente convenzionali come le matite colorate o i pennarelli, inizia a lasciare tracce.
Quante volte noi genitori abbiamo sorpreso il piccolo andare in giro per casa a lasciare segni del proprio passaggio sui muri o sui mobili? Oppure abbiamo visto infilare le sue manine nel piatto o versare l’’acqua sul tavolo e con il ditino lasciare delle tracce, divertendosi?
Esperienze non certo piacevoli per molti genitori.. ma che rientrano sicuramente nel bagaglio esperienziale del bambino.
In questa fase evolutiva il piccolo produce tracce spinto dal piacere del movimento e del rumore prodotto, ma piano piano inizia a guardare ciò che sta facendo con la manina.
Sapete che succede a questo punto? Nasce lo scarabocchio!
In un primo momento di questa nuova esperienza l’occhio segue la mano.
Successivamente l’occhio guida la mano nel movimento e questa evoluzione avviene parallelamente al miglioramento della coordinazione tra l’occhio e la manina.
Lo scarabocchio è definito come un insieme non organizzato di segni, linee e punti. Ma sapete che già nello scarabocchio si possono osservare tante differenze tra i bambini? Scarabocchiando il bambino sta sempre comunicando qualcosa di sé.
Verso il secondo anno di vita si osservano negli scarabocchi movimenti circolari e primi angoli.
Da qui, inizia a prendere forma la figura umana, caratterizzata da un cerchio e una linea come una sorta di coda, detta omino Girino.
La figura umana che il bambino disegna è in primo luogo la percezione che ha del suo corpo, senza rispettare lo spazio occupato, infatti può essere rappresentato verticale, orizzontale o a mezz’aria.
Tra i tre e i quattro anni il bambino cerca di rappresentare il corpo e produce un solo schema per disegnare qualunque persona: se stesso, mamma, papà, fratellino e così via…può modificare le dimensioni che comunque non hanno una corrispondenza rispetto alle proporzioni reali. Della figura umana traccia pochi elementi: un cerchio che è la testa, da cui partono dei raggi che sono le braccia e le gambe. Sembra un disegno povero: questa “semplicità” è dovuta alla coordinazione motoria e alla immagine che a questa età il bambino ha del proprio corpo. È uno schema semplice, ridotto ed essenziale, comune ai bimbi di tutto il mondo. Gli elementi rappresentati sono quelli che nel proprio corpo attuano un contatto con l’esterno. Infatti per primo c’è la testa; poi le braccia che danno la possibilità di raggiungere, toccare, abbracciare e le gambe che permettono di spostarsi, camminare e correre. All’inizio il tronco non viene rappresentato. L’omino è disegnato praticamente come un grosso testone ( detto cefalopode). Ben presto compaiono gli occhi dentro il cerchio, un altro importante mezzo di contatto con il mondo esterno e successivamente la bocca e il naso.
A quattro anni e mezzo il bambino disegna sotto la testa il primo abbozzo di tronco. Mi capita spesso di osservare la presenza dell’ombelico, per i bambini è un dettaglio buffo proprio al centro del corpo.
A cinque anni l’omino è davvero riconoscibile: c’è il tronco da cui partono le braccia e le gambe. L’omino è disegnato per lo più in verticale. Il tronco si allunga e si allarga fino a diventare più ampio della testa. Le gambe e le braccia sono bidimensionali e nel volto compaiono le orecchie, spesso di dimensioni eccessive. Qualche volta vengono inseriti elementi del vestiario: occhiali, bottoni, maglietta, pantaloni, ecc.
A sei anni lo schema mentale che il bambino ha del proprio corpo è più completo, infatti l’omino si arricchisce di un collo, di due mani alla fine delle braccia, e nel complesso risulta
più lungo che largo. I particolari aumentano. A volte compaiono ambientazioni di contorno alla figura, indice di maturità, che trasforma un omino anonimo in un personaggio. Piano piano la figura umana si armonizza in proporzioni e particolari e nel rapporto tra i diversi segmenti corporei e solo successivamente rappresenta anche i movimenti e le diverse posture del corpo.
L’evoluzione dalla traccia al disegno della figura umana è indicativa mai rigida. Il disegno dell’omino varia tra bambini della stessa età ma anche nello stesso bambino in momenti diversi della sua vita. Questo dipende dal livello di sviluppo, dalle emozioni e dallo stato d’animo mentre sta disegnando, dalle esperienze, dalle relazioni e dalla motricità.
Alcune raccomandazioni per voi genitori:
1. Attenzione ad “esercitare” il bambino ad aggiungere la parte mancante di un disegno della figura umana. Serve poco e non è utile né per strutturare lo schema corporeo né per aumentare la consapevolezza del proprio corpo, perché inizialmente il bambino conosce poco del proprio corpo, delle posizioni che mantiene e dello spazio che occupa.
2. Attenzione anche a richiedere, per esempio a tre anni, di disegnare l’omino in modo dettagliato. È un errore, perché il bambino ancora non ne possiede la capacità, rappresenta ciò che sa e percepisce di sé. Ad esempio a questa età, il bambino indica la pancia ma non la disegna.
3. Fare affermazioni del tipo “hai fatto le braccia che escono dalle orecchie”. Si esprime un giudizio e se si chiede anche di correggere il disegno, si sta chiedendo davvero una cosa che non può fare.
Cos’è importante allora quando un bambino disegna, così come quando fa qualsiasi altra produzione?
Prima di tutto riconoscere anche in una semplice traccia il carico emotivo del bambino, conferirgli cioè la dignità di autore di una opera, che il suo disegno è una espressione libera di sé e non va giudicato.
Allora lasciamo il bambino esprimere nel disegno tutto se stesso, con la sua spontaneità e la sua creatività.
Dott.ssa Maria Francesca Spatola
Neuropsicomotricista